Prendendo spunto dalla fiction Gli anni spezzati/Il Commissario, ieri sera in onda sul primo canale della Radiotelevisione Italiana (RAI 1), ricordo questo film.
Romanzo di una strage. Uscito nelle sale cinematografiche il 30 marzo 2012. Quaranta anni dopo l'uccisione del commissario Luigi Calabresi, il regista Marco Tullio Giordana si ispira al libro di Paolo Cucchiarelli - Il segreto di Piazza Fontana - per ridar vita ai fatti intorno all'attentato e alla strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969. Si ripercorrono le vicende alla fine degli anni ‘60, a partire dalla morte dell’agente Antonio Annamurra (deceduto dopo lo scontro con il movimento studentesco) e le bombe del 25 aprile 1969. Venne nominato il Commissario Luigi Calabresi a capo delle indagini, il quale fin da subito prese in considerazione la “pista anarchica”, cercando informazioni soprattutto nel circolo anarchico dov'era iscritto il ferroviere Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda. Dopo l'esplosione alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano (nella quale morirono 17 persone e ne rimasero ferite 88), la Questura di Milano fu più che mai convinta della matrice anarchica della strage (così come le altre bombe esplose negli ultimi mesi). Con altri anarchici, anche Giuseppe Pinelli venne convocato per un interrogatorio. Dopo tre giorni di fermo (ingiustificato) in cui il ferroviere anarchico venne messo “sotto accusa”, morì misteriosamente - cadendo dalla finestra. Al caso venne subito trovata un’immediata, quanto posticcia, “soluzione”: Giuseppe Pinelli si era suicidato e gli agenti presenti all’interrogatorio (Calabresi escluso, perché appena uscito dalla sala) non ereno riusciti ad impedire tale gesto. Gli anarchici e i manifestanti gridano all'omicidio e trovano nella persona del Commissario il principale colpevole. Calabresi riprenderà le indagini, spostando la sua attenzione su quello che già si credeva essere il mandante delle varie stragi: Pietro Valpreda (vi sono delle testimonianze, sia di un infiltrato nel circolo anarchico, sia di un tassista, che lo riconducono al luogo della strage). Si fece però strada anche la pista “fascista”, per un presunto contatto con i servizi segreti. Pochi giorni dopo l’uccisione di Giangiacomo Feltrinelli, Calabresi venne informato dell’esistenza di un deposito di armi e esplosivi chimici, nel quale proprio gli estremisti di destra avrebbero potuto far rifornimento per creare la bomba. Il 17 maggio 1972 il Commissario Calabresi venne assassinato sotto la sua abitazione. Le indagini che stava seguendo prendevano proprio spunto dagli ordigni - presumibilmente di fattura fascista - che erano stati ritrovati. Forse per scelta del regista, o dello stesso scrittore, vengono lasciati punti di sospensione (a volte cadendo in scene e sequenze non del tutto veritiere). Lo è in primis la questione delle "due bombe". Cucchiarelli, quindi Giordana, riportano nel film la sequenza che premierebbe l'ipotesi di una seconda bomba all'interno della Banca Nazionale dell'agricoltura: una di stampo anarchico, una di stampo fascista. Ipotesi alquanto errata. Inoltre, ciò che appare nel film è questo strano rapporto tra il commissario Calabresi e l’anarchico (seppur pacifista) Pinelli. Una sorta di rispetto reciproco che mostrano l’uno con l’altro, accompagnati ad una sottile diffidenza. Ciò che emerge è che, in qualche misura, Calabresi sapeva che il Pinelli non aveva nulla a che fare con le bombe e che il pomeriggio in cui vi fu l’attentato a Piazza Fontana lui non c’era. È cosciente pure che il ferroviere sa ben poco di questa vicenda. Questo però non gli impedisce di seguirlo, di cercarlo e di trattenerlo in caserma anche oltre i termini stabiliti per legge. Aveva bisogno di informazioni il Commissario, soprattutto sulla persona di Pietro Valpreda, e credeva che Pinelli avesse tutte le risposte da dargli. Un cast d'eccezione che vede la presenza di Pierfrancesco Favino nei panni dell'anarchico Giuseppe Pinelli, e Valerio Mastandrea che interpreta proprio il Commissario, ha permesso al film di essere - artisticamente parlando - un’ottima pellicola. In concomitanza con l’uscita del film, Adriano Sofri (arrestato e detenuto per quasi venti anni con l’accusa di essere il vero mandante dell’omicidio Calabresi) pubblicò un e-book in cui viene raccontata una nuova versione dei fatti - totalmente in disaccordo con quella di Paolo Cucchiarelli. Lo stesso Sofri (in parte presente nell' Ebook, qui scaricabile) fornisce una nuova spiegazione al caso Pinelli, che non coincide - ovviamente - con le sentenze e le dichiarazioni fatte dalla polizia durante questi anni e dallo stesso Calabresi. Vorrei tralasciare commenti sulla fiction di Rai1, ma il mio giudizio critico proprio non me lo permette. La Rai - mandando in onda, il 7 gennaio 2013, la prima parte della fiction su Il Commissario - trasmetterà sul primo canale una miniserie (vari sono gli appuntamenti), ricostruendo alcuni dei più grandi casi della storia italiana. Premettendo che - guardando la prima parte della fiction (che - ahimè! - seguirà questa sera, la seconda parte) - si ha la sensazione di vedere un “film già visto” (grossolanamente e in modo totalmente approssimativo, molte delle scene, ricopiano alla perfezione la pellicola di Giordana). La struttura del film pecca e fa acqua da tutte le parti. Attori inappropriati per il ruolo che rivestono (con tutto rispetto per Emilio Solfrizzi, ma Sei forte Maestro è il genere di fiction che dovrebbe continuare a fare, evitando di avventurarsi in pellicole non proprio adatte a lui), doppiaggi in ritardo e interpretazioni visibilmente finte. Se questo è quello che la Rai (con il nostro canone) può fornirci, allora meglio non farle certe scelte. Si stanno rendendo ridicoli e finti - quasi al limite dell’inverosimile - casi italiani di così grande importanza (che con questa miniserie - ancora una volta - si è cercato di inabissare). Si ha la sensazione che sia un’altra di tutte quelle interminabili serie targate Rai1, adatte alla famiglia, da vedere una sera qualunque e prestarci poca attenzione. Risulta essere finto, quasi una storia (dall’orribile fattura) totalmente inventata. La testimonianza viene proprio dalle parole del regista, Graziano Diana, rilasciate al quotidiano La Repubblica: «Ho inquadrato queste storie come un dialogo tra padri e figli». Quasi a voler render “più dolce” la figura di Calabresi, si cerca di mettere in primo piano il legame instauratosi tra la giovane leva, arrivata da poco a Milano e completamente spaesata dalle vicende che si trova davanti, e il Commissario, quasi - appunto - a voler metter in evidenza questa figura - che nella realtà dei fatti - chiaramente non c’è, (“commissario - buon padre). La fiction della Rai sembra voler descrivere il commissario Calabresi come un eroe senza macchia; ma come diceva Bertol Brecht "il paese che ha bisogno di eroi è un paese sfortunato".
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